È la frase attribuita ad Ippocrate di Kos (460 a.C. – 377 a.C.), padre della medicina. Ed ancora: “Tutte le malattie hanno origine nell’intestino!”. Queste parole anticipano di circa 2500 anni gli studi di nutrigenomica e di immunonutrizione del XXI sec. e dell’importanza del microbiota intestinale per la salute e le malattie.
Il cibo che consumiamo ed il corretto stile di vita rappresentano dunque la strada da percorrere per vivere più a lungo ed in salute. E allora “Siamo ciò che mangiamo!” come sosteneva il filosofo tedesco Ludwig Feurbach (1804-1872).
Tutti gli alimenti, sia quelli più salutari che i cibi spazzatura, una volta ingeriti si trasformano nel nostro organismo in composti benefici o tossici perchè il cibo di cui ci nutriamo è costituito da molecole chimiche che non solo sono utilizzate come fonte di nutrienti e di energia, ma agiscono anche sul DNA delle nostre cellule e sul microbiota intestinale.
Ci sono voluti due millenni prima di arrivare a comprendere gli intimi meccanismi di questi fenomeni ed a conoscere i rapporti fra immunità, infiammazione e alimentazione. L’enciclopedista e medico romano Aulo Cornelio Celso (25 a.C. – 50 d.C.), quattrocento anni dopo Ippocrate, elencava i quattro segni dell’ infiammazione acuta rappresentati da rubor, calor, dolor, tumor a cui, in seguito, è stato aggiunto functio laesa. Ma è solo con l’illustre patologo tedesco Rudolf Virchow, considerato “il papa della medicina” in quanto fondatore della patologia cellulare, 4 che si comincia a comprendere, dopo il 1860, il rapporto fra infiammazione cronica e tumori. Nel XX secolo iniziano studi dei rapporti fra nutrizione e sistema immunitario e si comprende l’importanza del microbiota intestinale negli equilibri immunitari dell’organismo.
È stato dimostrato che accanto all’infiammazione acuta e cronica sintomatica esiste un’infiammazione cronica di basso grado o asintomatica, dovuta a fattori metabolici, che può portare a malattie cronico-degenerative, ma anche a patologia tumorale, soprattutto nella terza età. Un ulteriore passo avanti nella ricerca si è avuto nel 1953 con la scoperta della struttura ad elica del DNA (acido desossiribonucleico) ad opera degli scienziati James Watson e Francis Crick, ed il suo sequenziamento che, iniziato negli anni 2000, è stato completato nel 2022. Poter leggere ed analizzare le sequenze di basi azotate (adenina, citosina, guanina, timina) che costituiscono il genoma umano è utile in molti campi della medicina ma anche nella scienza dell’ alimentazione: esiste una relazione fra cibo e DNA che è oggetto di studio della nutrigenomica e della nutrigenetica.
L’epigenetica nutrizionale studia i fattori che influenzano l’espressione genica senza alterare la sequenza del codice genetico ma che possono modificare vie di segnale molecolare e funzioni di organo, di apparato e addirittura dell’intero organismo. Il cibo che mangiamo infatti interagisce con le nostre cellule e quindi con il nostro DNA modificandone l’espressione. Dalla metà degli anni ‘90 del 1900 sono iniziati anche studi approfonditi sul microbiota (termine introdotto da Jeffrey Gordon della Washington University) l’insieme dei microrganismi (batteri, funghi, virus, batteriofagi ed infine Archaea cioè batteri molto antichi) 5 che popolano il nostro corpo ed in particolare l’intestino.
L’Human Microbiome Project, promosso dal National Institutes of Health, e rivolto anche al rapporto del microbiota con lo stato di salute e di malattia, è stato completato solo nel 2016. Lo studio del microbiota ha aperto nuove prospettive per la comprensione dell’invecchiamento e di alcune malattie neuropsichiatriche. È stato osservato che l’alimentazione è un fattore rilevante in grado di modificare la composizione del microbiota in senso eubiotico, cioè salutare, o, al contrario, disbiotico in cui prevalgono specie microbiche pro-infiammatorie ed aumenta la permeabilità intestinale a tossine note come lipopolisaccaridi (LPS). La metagenomica (lo studio delle sequenze di DNA provenienti da differenti microrganismi), la nutrigenomica (lo studio dell’interazione dei nutrienti con con geni specifici) aprono quindi la strada alla medicina personalizzata ed a terapie individuali utilizzando alimenti funzionali. Risulta quindi sempre più attuale il detto: “Siamo quello che mangiamo!”.
Il modello alimentare seguito dalle popolazioni del Mediterraneo deriva dall’incontro e dalla integrazione di popoli diversi e differenti culture. Sul Mediterraneo si affacciano infatti ben tre continenti ed è proprio dall’incontro di differenti popolazioni che si arriva alla definizione di un modello di dieta mediterranea che sarà riscoperta e perfezionata nella seconda metà del 1900 dal Dr. Ancel B. Keys durante la sua lunga permanenza nel Cilento.
Alimenti ad alto contenuto: carote, patate dolci, zucca, crescione, albicocche, cicoria, catalogna, sedano (gambi), cachi, ricottina di vacca, uovo. Anche il prezzemolo è ricco di vit. A: due cucchiai di prezzemolo secco apportano una quantità di vit.
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